Musei
Seguendo l’itinerario n.4 si può decidere di raggiungere, attraverso una deviazione, l’ingresso dell’antica Miniera di carbone del Capannaccio, aperta dal 1790 al 1942. Molti ignorano che già dal Settecento erano attive a Sogliano tre importanti miniere: oltre a quella situata in località Capannaccio, ce n’era una a Montegelli e una a Montetiffi. Queste miniere costituivano un’imprescindibile risorsa economica per le popolazioni del luogo ed hanno influito notevolmente sulla storia locale. L’Associazione Miniere Sogliano è nata con l’intento di mantenere viva la memoria di questa pagina di storia; a questo scopo ha aperto a Sogliano il Museo Minerario, che comprende minerali, vecchie pubblicazioni, antichi manoscritti, attrezzature tipiche usate dai minatori e una mostra di fotografie d’epoca.
Il Comune di Sogliano ha l’onore di tutelare l’intero patrimonio documentario dell’Ing. Veggiani (1924-1996), laureato in ingegneria mineraria, ricercatore presso il Centro Studi dell’Agip, grande cultore della conoscenza tesa alla scoperta del proprio territorio. La “Biblioteca Scientifica Antonio Veggiani” è costituita essenzialmente da materiale di interesse geologico-storico, riguardante la Romagna e il Montefeltro, con particolare riferimento ai territori delle vallate dei fiumi Savio, Uso e Rubicone. Il tutto viene a costituire una “totalità” da conservare e studiare in maniera unitaria. La collezione è divisa in due sezioni – una documentaria e una mineralogica – allestite all’interno di sei splendide sale affrescate. La raccolta è formata da oltre 5000 volumi di cultura generale, manoscritti, estratti di natura scientifica, materiale fotografico e diapositive. Inoltre comprende numerosi reperti fossili e minerari, fra cui il prezioso ovoide d’ambra di 625 gr. recuperato presso Campaolo, frazione di Sogliano al Rubicone, considerata una delle più grandi ambre esistenti al mondo.
Il Museo di Arte Povera è unico nel suo genere in Italia; raccoglie antichi volumi di grande valore, carte pubblicitarie, manifesti, biglietti augurali dell’Ottocento, carte geografiche storiche e varie opere artigianali ed artistiche realizzate con la carta; sono le cosiddette "carte povere", cosí definite perchè non hanno la ricchezza di un libro o la "dignità" di un giornale, ma affidano i loro colorati messaggi ad un solo foglio o a poche pagine: dai "pianeti della fortuna" con i numeri per l'immancabile vincita al lotto, ai calendarietti dei barbieri, ricchi di acuti profumi e di conturbanti immagini di belle donne. Nate per lo più nella seconda metà dell'Ottocento e diffusissime nella prima metà del secolo scorso, le carte povere presenti in questo museo abbracciano un periodo relativamente breve della storia dell'illustrazione, in pratica circa cento anni. Erano connotate da una bellezza esteriore che aveva il compito di farle apparire accattivanti, piacevoli, di metterle in grado di trasmettere un messaggio pubblicitario, di creare un bisogno, di suscitare il desiderio di un consumo. Cinema, fumetto, televisione e spot pubblicitari, basati sul connubio fra immagine e parola, hanno indubbiamente debiti consistenti nei confronti di quei primi esperimenti e possono esserne considerati i moderni discendenti.
Tra i vari pezzi della collezione ricordiamo alcuni antichi album portacartoline, numerosi fac-simili di antichi volumi, piccoli presepi in carta e stampe provenienti dall’Oriente.
Del Museo di Arte Povera vogliamo sottolineare in particolare il Reparto bibliografico dei Fac-Simili, considerato come una piccola biblioteca malatestiana per l’alto valore storico del suo contenuto. Si tratta di riproduzioni di codici miniati provenienti da tutto il mondo ottenute tramite le più moderne tecniche. Tra i pezzi più importanti che il museo possiede ricordiamo:
- La Bibbia di Borso d’Este (anno 1470).
- La Bibbia di Federico da Montefeltro (anno 1400 circa).
- Il libro di Kells, un evangelario che, insieme ad altri tre, è il punto di riferimento dei vangeli attuali; tutti e quattro gli esemplari risalgono al periodo carolingio(850 d.C.) ed hanno perciò quasi 1200 anni.
- I libri con le pagine d’oro. La loro creazione è legata ad un brevetto della Mitsubishi, che alla fine del millennio scorso era riuscita a portare la purezza dell’oro allo stato liquido al 999,99 per mille. Si pensò di stendere questo liquido, lasciarlo solidificare e formare delle pagine, per la successiva creazione di “libri d’oro”.
La Linea Christa (Seconda Guerra Mondiale) consisteva in una serie di capisaldi e punti strategici posti lungo il fiume Rubicone; sulla Linea Christa i soldati tedeschi fermarono temporaneamente l’avanzata delle truppe alleate nell’ottobre del 1944. Nel museo sono esposti materiali bellici riguardanti la Seconda Guerra Mondiale trovati nelle campagne soglianesi o donati da persone del luogo. Si tratta in particolare di attrezzature, armi ed uniformi utilizzate dai soldati che combatterono sulle colline e nei territori circostanti. Una sezione fotografica documenta la visita a Sogliano di Benito Mussolini (1883-1945), l’arrivo degli alleati e le conseguenze della guerra. Inoltre, per rendere più realistica l’idea di quello che accadeva durante le incursioni aeree alleate, è stato ricostruito un rifugio antiaereo, all’interno di una piccola grotta, nei sotterranei del palazzo Marcosanti-Ripa. Vario è il materiale in esposizione al museo; pezzi particolarmente interessanti sono:
Manichino Fante Ottava Armata Britannica
Soldato dell’esercito britannico impegnato prevalentemente nelle azioni di scontro e di conquista delle postazioni tedesche arroccate su punti strategici del territorio soglianese.
Questo reparto era formato da uomini che provenivano dalle varie colonie inglesi quali India, Pakistan, Nepal e Sud-est asiatico. A Sogliano vi furono violenti scontri fra Tedeschi e Gurka di origine nepalese. Proprio come i soldati di allora, i manichini in esposizione sono armati di fucile Lee-Enfield o di mitra Thompson e di bombe a mano che venivano utilizzate negli scontri ravvicinati con il nemico. Degno di particolare nota, il pugnale in dotazione dei soldati nepalesi che veniva utilizzato sia come strumento da lavoro che come arma: il celebre Kukri.
Manichino di Alpino Tedesco
Soldato impegnato nella difesa del territorio occupato dalle truppe naziste. Gruppi di due o tre individui piazzati in punti strategici quali campanili o alture, armati di mitragliatrice, o di qualche raro gewehr 41 o panzerfaust, riuscivano a bloccare l’avanzata delle truppe nemiche per diverse ore e in qualche caso anche giorni. Anche questo manichino è equipaggiato di tutto punto con fucile Mauser 98K o mitra MP40 e anche con le tipiche bombe a mano dal manico di legno.
Il museo raccoglie copie anastatiche di antichi documenti e studi prodotti dal grande artista e scienziato Leonardo da Vinci (1452-1519) durante il suo “periodo romagnolo”. Nell’agosto 1502, infatti, Leonardo giunse a Rimini al seguito dell’esercito di Cesare Borgia, per il quale lavorava. Successivamente si recò a Cesena, compiendo studi sulla fortificazione della Rocca, dopodichè si diresse a Cesenatico, dove eseguì il rilievo del Molo. In settembre partì alla volta di Imola, infine tornò a Firenze. La raccolta è suddivisa in due sezioni principali: scientifica ed etnografica. La prima raccoglie copie anastatiche di manoscritti, studi e disegni inerenti aspetti di fisica, di meccanica e di idraulica. Nella seconda sono conservati studi sugli usi e costumi della tradizione romagnola del XVI secolo, con particolare riferimento ai temi dell’acqua, del suono e della natura. Nelle due sale del museo trovano posto anche la mappa con le tappe del viaggio di Leonardo in Romagna e alcuni modellini, tra cui "la finestra di Cesena", "il meccanismo della fiera di San Lorenzo", "il carro di Cesena" e l'ingegnoso "sistema per appendere l'uva", testimonianze dell'indole curiosa ed attenta di Leonardo verso tutto ciò che scoprivano i suoi occhi. Tra gli altri, si notano alcuni disegni dell’artista raffiguranti le cosiddette “concavità”: si tratta di incavature coniche scavate nel terreno che servivano ad amplificare i suoni dei corni; i pastori romagnoli a quel tempo le usavano per comunicare a grandi distanze. Basandosi sui disegni di Leonardo, nel Parco San Donato di Vignola sono state realizzate due concavità. È così possibile riascoltare i suoni che Leonardo stesso udì oltre cinquecento anni fa attraversando l’Appennino romagnolo. Le concavità attirano numerosi visitatori, soprattutto scolaresche. Il Museo ed il parco sono stati inaugurati il 14 giugno 2008 alla presenza dell’illustre prof. Carlo Pedretti della University of California, Los Angeles .
La recente inaugurazione (24 novembre 2008) della “Mostra permanente del disco e della registrazione musicale” ha aumentato la già ricca offerta culturale del Palazzo Marcosanti-Ripa. È una collezione di autentiche rarità che ripercorre le tappe storiche dell’incisione discografica, a partire dal 1877. Comprende alcune delle prime incisioni sonore realizzate dall’uomo, picture disc, “dischi d’oro”, strumenti musicali appartenuti a grandi artisti, antichi spartiti e tanto altro ancora. In particolare, possono essere ammirati ed ascoltati: tutti i dischi originali dei Beatles; dischi con registrazioni dal vivo di avvenimenti storici (vd. disco N.80549 - Uscita del Ten.Col. Galliano dal fronte di Makalè); parte dei dischi inviati dagli Americani, inseriti nel pacco-aiuti post-bellici destinati al nostro Paese; vari dischi emessi dalla discoteca di Stato prima e durante il Ventennio; tutti i vari tipi di strumenti ideati per riprodurre suoni, dal cilindro in cera alle più sofisticate confezioni in CD; i Picture Disc degli anni '30, tra cui quello di Picasso; i dischi sagomati degli anni '60 simili per forma a statuine; alcuni dischi d'oro; argomentazione a stampa come libretti d'opera, manifesti, inserti giornalistici. L’inventario dettagliato di tutti i beni è in corso di redazione da parte di un gruppo di lavoro coordinato dal prof. Angelo Pompilio, Direttore del Dipartimento di Storia e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali di Ravenna (Università degli Studi di Bologna) e professore ordinario di “Musicologia e storia della musica”.
Il museo del disco soglianese è per alcuni aspetti unico in Italia e possiede pezzi veramente pregiati. Ad es. nel 1902 i nonni dell’attuale Regina Elisabetta d’Inghilterra si sposarono ed un tenore inglese dedicò loro un canto, registrato su un dischetto di 12 cm di diametro che ha la particolarità di avere incisi in bassorilievo i volti degli sposi. A Sogliano è custodito questo disco, insieme ad un altro dedicato al giubileo del Kaiser (1913), anch’esso con un’effigie in bassorilievo al posto dell’etichetta. Il museo possiede anche una corposa collezione di libretti d’opera (circa 2000 pezzi) che partono dal 1600 per arrivare al 1940.
È allestito nei locali della Canonica abbaziale di Montetiffi (frazione a 11 km da Sogliano); in esso sono custodite oltre cento opere di pittura e scultura del soglianese Padre Venanzio Reali (1931-1994), singolare “artista della fede”, biblista, poeta, pittore e scultore.
Giorgio Cicognani, ispettore ai beni artistici e storici al quale si deve il presente allestimento e che ha curato anche la precedente mostra di Ravenna (2001), in un articolo apparso sulla rivista “Messaggero Cappuccino” nel 2001, dai contributi della critica raccolti sino a quella data, trasceglieva alcune riflessioni:
«Nelle crete, l'amore al bozzetto, inteso come sorridente affetto accordato alla vita, oltre a ricordare, spesso citare, Cleto Tomba, si conforma ad una spiritualità della partecipazione alla cronaca e non al grande evento. Venanzio aveva timore del grande evento. Quando, come nelle pitture ispirate alla Genesi, affronterà "il grande tema" rimarrà sempre al di qua del clamore delle forme magniloquenti. Si sentiva, per queste, inadatto. Direi che, invece, quella non era la sua poetica. Si fingeva quasi primitivo nei colori, vedendo le cose come dal basso del proscenio della rappresentazione. La concretezza materica si fa invece evidente: cromo toccabile, pronto a farsi bassorilievo» (Franco Patruno, Agostino Venanzio Reali. Pittura Scultura Grafica, Ravenna 2001, p. 13). E ancora: «È la mano di una sensibilità innocente, ma al contempo pienamente consapevole, quella che anima il colore-materia nelle scene della Genesi, che dà corpo alle figure dei progenitori, che addensa i colori come in un'iniziale, stupefatta, visione del mondo. Come se i primi momenti della vita, della storia nascente dell'uomo, e ogni episodio della sacra narrazione non potessero che essere espressi, in una ritrovata identità di emozione religiosa e conoscenza poetica, da una pittura intesa anch'essa in una condizione magicamente aurorale» (Claudio Spadoni, ib. p. 9). Agli accostamenti a Rouault e Chagall, ormai consolidati nelle riflessioni della critica, Claudio Spadoni aggiunge il nome di Gauguin, - del Gauguin bretone, delle icone popolari, dei 'Calvari' - (ib. p.8). «La vasta raccolta di disegni, di appunti, di schizzi non sempre documenta lo studio preparatorio per realizzazioni compiute, ma deve considerarsi quale registrazione di una emozione, di una immediata esigenza interiore, perciò autonoma e fine a sé stessa; spesso infatti è il ricordo, la memoria-evocazione di una immagine vista che può essere paesaggio, espressione e fisionomia di un volto, oppure un'opera d'arte del passato» (Pietro Lenzini, ib. pp. 15-16). Scritti editi e disponibili: “Nóstoi. Il sentiero dei ritorni”, Book Editore, Castel Maggiore (BO) 1995, con 176 poesie inedite; “Il Cantico dei Cantici. Trasposizione poetica di Agostino Venanzio Reali”, Book Editore, Castel Maggiore (BO) 1999 (seconda edizione 2003); Primaneve, Book Editore, Castel Maggiore (BO) 2002, che raccoglie le tre raccolte edite da Reali stesso nel 1986, nel 1987 e nel 1988 e che erano esaurite; “Il Pane del silenzio”. Articoli dal 1975 al 1993, Book Editore, Castel Maggiore BO 2004.